MODENA – Un occhio inesperto non ci avrebbe fatto nemmeno caso, derubricandoli a banali ciottoli e proseguendo oltre. Ma quei dischi biconcavi da una decina di centimetri di diametro non erano semplici sassi. E Riccardo Rondelli non ha avuto dubbi: forte della sua laurea in Scienze Geologiche li ha immediatamente identificati come fossili, prelevandoli e portandoli ai suoi vecchi professori del Dipartimento di Geologia dell’Università di Modena e Reggio Emilia. I quali, a loro volta, non ci hanno messo molto ad attribuirli ai resti di un Ittiosauro probabilmente risalenti al cretaceo inferiore, e cioè ad un arco temporale che varia tra i 100 e i 150 milioni di anni fa. Quando al posto dell’Emilia Romagna c’era l’oceano.

La scoperta, avvenuta qualche mese fa nel territorio di Pavullo ma resa nota solo in questi giorni, è particolarmente importante perché per la prima volta in tutto l’Appenino Settentrionale sono state ritrovate vertebre in connessione anatomica. “In passato – spiega Cesare Andrea Papazzoni, ricercatore presso il dipartimento di Scienze Geologiche dell’università modenese – erano già stati ritrovati altri fossili di Ittiosauri e di altri rettili marini, ma mai con vertebre attaccate. Abbiamo già fatto alcuni esami preliminari, e proveremo a datare i sedimenti che si trovano intorno alle ossa per restringere l’arco temporale. Poi proporrò che vengano esposte al Museo di Vignola, dove già si trovano alcuni frammenti simili”.

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