
In
città adornano monumenti e panchine, in montagna si colorano di
tinte vivaci su pietraie e morene oltre il limite della vegetazione
erbacea, sfidano la terra insediandosi su
lave vulcaniche appena raffreddate, dall’Antartide ai Tropici hanno
trovato un loro posto nel mondo, sono pionieri
negli ambienti più estremi e possono invecchiare insieme fino
a festeggiare centinaia di anni di convivenza perfetta: non stiamo
parlando di due romantici avventurieri né
del rapporto di coppia ideale, ma del rapporto simbiotico per
eccellenza…la simbiosi lichenica!
Quando
parliamo di licheni ci stiamo in realtà riferendo
a due organismi viventi che “si scambiano favori” formando in
questo modo un’associazione talmente funzionale e integrata da poter
sembrare un unico organismo.
I
due componenti dell’associazione lichenica sono
alghe verdi o
cianobatteri (organismi
fotosintetici) e funghi ascomiceti o
basidiomiceti (organismi eterotrofi): il fungo è colui
che offre l’alloggio
e cioè crea un
microhabitat favorevole e protetto e
mette a disposizione acqua e sali
minerali; l’alga invece fornisce
il “vitto” e cioè dona
le sostanze organiche sintetizzate con la fotosintesi. Così
facendo i licheni
raggiungono il più alto grado di autosufficienza e autotrofia
pensabile nella nostra biosfera dal
momento che alcuni di essi sono anche fissatori di azoto atmosferico.
In
base alla morfologia si distinguono in licheni gelatinosi,
crostosi,fogliosi e fruticosi. Nei primi la componente algale è
un cianobatterio e, dopo un’abbondante pioggia ad esempio, i licheni
gelatinosi assumono l’aspetto di gelatina appunto perché sono in
grado di assorbire acqua.
I crostosi sono forse i più conosciuti, hanno l’aspetto di macchie
multicolore e si attaccano così saldamente al substrato che diventa
impossibile separarli da esso; i fogliosi e fruticosi si ancorano
invece lassamente al substrato.
La
crescita dei licheni è una tra le più lente del mondo vegetale,
alcune specie crescono di pochi mm per secolo e sono in grado di
sopportare lunghi periodi di disidratazione, per questo motivo
vengono usati anche per datare reperti archeologici e
grazie a loro si è scoperto che le teste dell’Isola di Pasqua hanno
poco meno di 500 anni e non migliaia di anni come si pensava.
I
licheni hanno insomma colonizzato qualsiasi luogo e hanno resistito a
una moltitudine di stress ambientali lungo il corso dei secoli;
tuttavia in alcune zone sono scomparsi del
tutto… come affermava Sbarbaro
“il lichene teme solamente la vicinanza dell’uomo”: non essendo
provvisto di cuticola effettua scambi gassosi, di acqua e sali
minerali attraverso tutta la superficie ma
assieme a queste sostanze vitali
vengono assorbite anche quelle inquinanti
che purtroppo i
licheni non riescono a smaltire (come fanno periodicamente gli alberi
con la caduta delle foglie): sono quindi i
primi a scomparire quando aumenta la concentrazione di sostanze
inquinanti come metalli pesanti, anidride solforosa e scorie
radioattive; a causa di questa loro delicatezza i licheni possono
anche rivestire il ruolo di indicatori biologici della qualità
dell’aria reagendo per primi al cambiamento delle condizioni
ambientali e fungendo così da campanello
d’allarme.
I
licheni più sensibili risultano essere quelli
fruticosi, seguiti
da quelli fogliosi e infine dai crostosi.
Insomma,
i licheni ancora troppo poco studiati, rappresentano un’associazione
perfetta, che non teme alcuna condizione atmosferica e
nemmeno
il passare del tempo… in questo caso potremmo veramente dire…
l’unione fa la forza!!!